Una ricerca appassionata

La frequentazione della politica con le altre donne mi ha resa cosciente che dare il nome a qualcosa è farla esistere, se prima non c’era, o darle nuova vita, ma durante i primi due incontri dell’agorà del lavoro, ho sentito pronunciare parole in un senso per me confusivo: per esempio, il richiamo insistito alla concretezza, di contro a discorsi fin lì giudicati astratti, oppure l’invito a darsi degli obiettivi precisi su cui lavorare, per poi farne oggetto di rivendicazioni su qualche tavolo istituzionale; diversamente ogni discorso sarebbe una “perdita di tempo”.
Di solito opponiamo la concretezza all’astrazione, intendendo che l’una sia un modo di “toccare” la vita, nei suoi modi di manifestarsi, restando ancorate alla realtà, che l’altra invece, non fa. Così come, darsi degli obiettivi (che peraltro bisognerebbe prima individuare) e lavorare per conseguirli, tacita forse l’ansia di non sapere come scandagliare in profondità l’esperienza e il proprio immaginario, per individuare l’ oggetto del proprio desiderio.
Concreto per me è che un luogo fisico, che è stato chiamato agorà del lavoro, esista, e che ogni volta si riempie di donne e uomini che portano lì la propria concreta esperienza, che va a lungo interrogata soprattutto attraverso, io credo, l’interrogazione del proprio immaginario (riguardante in questo caso il lavoro): non è sinonimo di fantasia gratuita, bensì analizzare tutti quei pensieri, concezioni,… interiorizzati, assorbiti attraverso la cultura in cui siamo immersi, fatti propri, entrati a far parte del proprio vissuto e non più separabile da esso; si tratta di togliere le incrostazioni che impediscono di dare espressione e parola al proprio desiderio, nel senso stringente di “sentimento di ricerca appassionata di quanto è sentito come necessità, bisogno”.
L’agorà era in origine il luogo della politica e così io intendo sia questa agorà, perché è un luogo politico, ma non intendo in senso tradizionale, dove cioè se non c’è un obiettivo, allora è stare nel vuoto (come si esprime la politica maschile), bensì dove donne e uomini si danno tempo, disponibilità, autorità, per:
– disarticolare il proprio immaginario, la propria esperienza, partendo da sé: del resto sappiamo che, da un lato, non si può saltare il soggetto e, dall’altro lato, è possibile ripensare il già dato per superarlo, liberando energie
–  inserire il lavoro nel complesso della propria vita, non lo si può isolare, per capire come lavorare, oltre che quanto e con chi
– individuare, nell’urgenza di trovare una rete di “bisogni” essenziali da soddisfare, strategie difensive socialmente applicabili, con altri/e disponibili a farlo.
Io non voglio escludere niente, ma non mi sento portata a pensare a nuove leggi, bensì sfruttare quanto le pieghe del mercato lascia “sguarnito”: avrei in mente esperienze sul campo molto interessanti…e che hanno il pregio di non dividere, artificiosamente, per generazioni o per lavoratori più o meno precari (sono tutte divisioni per categorie che spiegano solo un dato immodificabile).
Per molto altro da dire, rimando alla prossima occasione
Raffaella Molena Tassetto

 

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Una risposta a Una ricerca appassionata

  1. marialaura ha detto:

    bella questa riflessione.mi piace e la condivido.
    marialaura galante

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